Se non sarete come bambini …

Se non sarete come bambini, non entrerete nel Regno dei Cieli, ha affermato più volte Gesù rivolgendosi ai suoi Apostoli. Noi ci permettiamo di aggiungere che se non saremo come bambini, non potremo nemmeno diventare dei buoni scienziati.

Di fronte ad affermazioni come queste viene subito la tentazione di pensare che si tratti di provocazioni retoriche e paradossali, volte a scuotere gli interlocutori dal loro torpore mentale, ma che non vadano prese troppo alla lettera. Il Regno dei Cieli e il Regno della Scienza sono questioni difficili sulle quali si sono arrovellati per secoli sommi teologi e illustri scienziati , non possono certo essere considerate “cose da bambini”.

Che non si tratti, però, di affermazioni retoriche risulta chiaro dall’insistenza con cui Gesù torna a ribadire il concetto. Ci limitiamo a riportare due delle occasioni in cui questo avvenne.

Il Vangelo di Matteo riporta le parole con cui Gesù ammonì gli Apostoli, che si stavano interrogando su chi di loro avrebbe avuto il posto più importante nel Regno dei Cieli.

Allora Gesù chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse:      “In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli. (Mt 18,2-5).

E’ un invito ad abbandonare la logica (adulta) della ricerca del potere e della supremazia sugli altri, per farsi piccoli, fiduciosi e disposti a imparare come i bambini.

Lo stesso concetto viene ribadito nei Vangeli di Luca e dello stesso Matteo:

“Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra,                            che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti                                          e le hai rivelate ai piccoli.   (Lc 10, 21; cfr. Mt 11,25).

Stavolta l’avvertimento non è rivolto ai “potenti”, ma ai “dotti” e ai “sapienti”, ai quali Gesù sembra dire che la “dottrina” e la “sapienza” possono impedire di vedere ciò che è , invece, rivelato allo sguardo dei bambini.

Ma cos’hanno i bambini di così speciale, da meritare tanta insistenza?

Parlando di bambini, usiamo abitualmente termini come: ingenuità, spontaneità, semplicità, curiosità, innocenza, gaiezza, fantasia, dipendenza dagli adulti e fiducia in essi.

Lo facciamo con tenerezza e un pizzico di invidia, ma anche con un fondo di malinconia, che ci viene dal considerare quello stato di “beatitudine” come transitorio e destinato a svanire rapidamente sotto i colpi che verranno inferti dal mondo “reale”, dove quelle stesse virtù infantili si trasformano in “debolezze” nella lotta per la competizione sociale. 

Bisogna imparare a farsi furbi, a non fidarsi, a dissimulare, a smettere di fantasticare, in una parola, a diventare “realisti”, in altre parole ancora, a diventare “adulti”.

Ora, lasciando da parte considerazioni di ordine morale, ci interessa sottolineare come  queste doti, ritenute appannaggio dell’età infantile, siano invece essenziali anche per la formazione di una mentalità scientifica adulta.

Carlo Bernardini, uno dei maggiori fisici italiani, che non ha disdegnato di lavorare con i bambini e le maestre delle scuole dell’infanzia di Scandicci (FI), ha introdotto il concetto molto interessante di una “scientificità non specifica”, che caratterizza il pensiero infantile e viene molto prima della “scientificità specialistica” , fatta di enunciazioni, formule e calcoli, che i bambini acquisiranno successivamente nel loro percorso scolastico.

Riportiamo alcune delle sue considerazioni, fatte nel Convegno su “Il bambino e la scienza”, tenuto a Scandicci nel lontano novembre del 1984.

Dall’esperienza di Scandicci ho ricavato la convinzione che i requisiti fondamentali della scientificità siano sostanzialmente tre:

1- La sincerità, cioè quella particolare condizione dello spirito in cui non si ha motivo né voglia di alterare la realtà che si osserva (in tutte le sue forme, non solo naturali).

2- La capacità di fare domande, che è la forma più semplice ed economica di attività sperimentale, che rende anche evidente l’interesse del soggetto e il suo desiderio di migliorare il suo livello di comprensione.

3- La capacità di modificare la propria opinione, senza alcun imbarazzo, a seguito dell’acquisizione di elementi ritenuti più probanti.

Questi tre requisiti sono essenziali per affrontare il “blocco mentale” che si produce quando c’è un problema; e i problemi si possono rifiutare, aggirare o  affrontare. Quando si riconosce che c’è un problema (sincerità), ci si organizza per affrontarlo (si fanno domande) e ci si dispone a considerare elementi nuovi per venirne a capo (modificare la propria opinione), vuol dire che si possiede già una buona dose di “scientificità-non-specifica”.

La scientificità specifica (il calcolare, il frugare tra le nozioni già acquisite) può venire comodamente dopo, come strumento di cui si sa già riconoscere l’utilità.

… Nell’esperienza di Scandicci abbiamo rilevato che nei bambini esistono tracce evidenti di questi tre requisiti della scientificità non specifica.

… Purtroppo negli adulti questi stessi requisiti sembrano andare perduti.

La maggioranza degli adulti seleziona nella realtà che osserva solo ciò che è conforme a schemi che ha già elaborato, non fa domande per paura di esporsi a giudizi sgradevoli o all’eventualità di doversi ricredere e, infine, trae conforto da ogni accorgimento che gli consenta di mantenere inalterata la propria opinione.

Diventare come bambini, significa, anche dal punto di vista scientifico, coltivare queste doti infantili e trasformarle in solidi pilastri della nostra visione adulta del mondo fisico, intellettuale e morale in cui viviamo.

I bambini sono, dunque, una benedizione e una grande opportunità di crescita per noi adulti.

Ogni bambino che viene al mondo è un invito a ripensare da capo il mondo che abbiamo costruito per lui. Accompagnare un bambino nella sua crescita, significa ripercorrere il cammino che noi stessi abbiamo compiuto e domandarsi se quel bambino non abbia diritto a percorrere una strada diversa e migliore della nostra. 

Siamo abituati a sottovalutare i bambini, considerandoli come esseri incompleti in attesa di diventare adulti. Dimentichiamo che molto di quello che siamo diventati da adulti, dipende da come abbiamo vissuto la nostra infanzia, il periodo più decisivo della nostra vita.

Ascoltare i bambini è più difficile che “ammaestrarli”, mettersi nei loro panni e guardare il mondo con i loro occhi, può sembrare non solo difficile, ma anche inutile e persino dannoso.

Abbiamo talmente fretta di vederli crescere e di bruciare le tappe, che non non ci accorgiamo della meraviglia, della curiosità, delle domande e delle paure che attraversano le loro piccole menti, nell’impatto quotidiano con un mondo sempre più complesso e contraddittorio.

 

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