ABSTRACT WORKSHOP

ABSTRACT DELLA NOSTRA PROPOSTA DI WORKSHOP Q+

IL CONTRIBUTO DELLA DIDATTICA SCIENTIFICA ALL’INCLUSIONE SOCIALE      (E SCOLASTICA)

di Ettore Fedeli

Perché nelle attività rivolte all’inclusione e riabilitazione di soggetti disabili si può parlare di musico-terapia, arte-terapia, teatro-terapia e non di scienza-terapia?

A differenza delle materie umanistiche, la scienza è ancora ritenuta materia troppo difficile e specialistica per poter essere apprezzata da questi soggetti. Quante volte sentiamo ripetere: “La fisica, la matematica? Per carità, non ci ho mai capito niente”. 

Opinione condivisa dai familiari dei nostri utenti, che hanno espresso le loro perplessità in modo molto schietto: “Ma quissi le capisce le cose che je spieghete? Tradotto liberamente dal marchigiano, significa: “Ma se la scienza è così difficile, come pensate di fargliela capire ? E, soprattutto: “Se non l’hanno capita quando andavano a scuola, perché dovrebbero capirla adesso?

L’esperienza, in corso da cinque anni nei Centri Socio Educativi Riabilitativi (CSER) dell’Ambito Territoriale Sociale XX della Regione Marche, ha dato qualche risposta positiva a questi interrogativi e dimostrato che anche un Laboratorio Scientifico può contribuire a creare momenti di forte stimolo intellettuale, gratificazione personale e inclusione sociale.

Vorremmo, però, che fossero i “ragazzi” stessi a raccontarvela, attraverso le frasi, le reazioni e gli atteggiamenti più emblematici dello spirito e delle modalità dei nostri incontri settimanali. Quelli che chiamiamo “ragazzi”, sono in realtà un gruppo di oltre venti maggiorenni (da 18 a 65 anni), che per diverse tipologie di disabilità non sono ancora inseriti nel mondo del lavoro o ne sono dovuti uscire prematuramente.

“Bello! Bravo! Ti voglio bene, tanto”. Fascino, bellezza e piacere della scienza.

Così ci gratifica Marco, ragazzo down ventenne, quando un incontro è stato particolarmente interessante. Fatica a esprimersi con le parole, ma ha imparato a farlo con la macchina fotografica, con la quale fissa i momenti che a suo avviso sono stati i più belli. Meglio di tanti discorsi le sue foto esprimono quella dimensione “estetica” che è stata rimossa come inconciliabile con una visione puramente “quantitativa”della scienza.

Ma la scienza, per fortuna, non è un freddo catalogo di formule ed enunciati. L’osservazione e lo studio dei fenomeni naturali è prima di tutto un’esperienza affascinante, godibile esteticamente ed emotivamente coinvolgente. Proprio questa sua dimensione “emozionale”, la rende accessibile a tutti, senza esclusioni. Come non occorre saper leggere gli spartiti per godere della musica; così non occorrono sofisticati strumenti matematici per godere della scienza. 

Marco smentisce anche un altro stereotipo corrente, quello della “scienza come regno della pura e fredda razionalità”. Ci dice che quando un gruppo di persone condivide la meraviglia per un fenomeno naturale, il mistero delle sue possibili spiegazioni e la gioia della scoperta, tra quelle persone nasce un rapporto che non è solo intellettuale, ma diventa anche affettivo.

“Zitto. Ci voglio arrivare da sola”. Il piacere della scoperta. La lentezza.

Cristiana, ventenne, è immobilizzata in carrozzina e fa grande fatica a parlare, ma non rinuncia mai a intervenire nella discussione. Quando le risposte ai quesiti stentano ad arrivare, lei chiede pazienza, perché arrivarci da sola le dà grande soddisfazione. 

Siccome non si tratta mai di quesiti banali, ogni volta che riusciamo ad “arrivarci” o anche solo ad avvicinarci, facciamo festa grande: mille nozioni imparate passivamente non valgono una sola di queste conquiste personali. 

La lentezza ci permette di gustare le sfumature del fenomeno e di apprezzare ogni piccolo progresso nella sua comprensione (lo Slow Learning è lo Slow Food della mente). 

“Qui non abbiamo paura di sbagliare”. Un clima sereno e senza “giudizi”.

Alida, cinquantenne, non perde una battuta del dialogo, ma non interviene mai, a meno di non essere chiamata in causa; dà sempre risposte pertinenti, che spesso sbloccano la discussione. Ci ha spiegato che il suo atteggiamento è un retaggio di brutte esperienze scolastiche, nelle quali una risposta sbagliata era bollata come colpa, mancanza di impegno o, peggio, di intelligenza.

Francesco, ventenne diplomato all’Istituto Agrario, si giustifica spesso dicendo “Scusa, se mi sono sbagliato”. Ogni volta ci dà l’occasione per ribadire che qui non ci sono “giudizi” né, tantomeno, voti e bocciature; siamo tra “amici”, per divertirci con la scienza e praticare davvero l’adagio “sbagliando s’impara”.

“Posso provare anche io?” Semplici modalità operative. La scienza nel quotidiano.

Barbara, cinquantenne down, vuole sempre ripetere personalmente gli esperimenti. 

Ciò è possibile perché utilizziamo semplici materiali di uso comune. Pratichiamo una ri-scoperta della scienza quotidiana, che abbiamo “addosso”, in casa e intorno a noi.

Per darvene un’idea ci limitiamo alla ri-scoperta dell’aria, che ha introdotto il tema della respirazione. Siamo così assuefatti all’aria, che finiamo per assimilarla al “niente”, al vuoto.  

Di due bottiglie di plastica, una piena d’acqua e l’altra senza, diciamo che una è “piena” e l’altra “vuota”, intendendo dire che dentro “non c’è niente”. 

Una volta schiacciata la bottiglia “vuota” davanti al viso, i ragazzi hanno subito ammesso che era piena d’aria, imparando a non fidarsi solo della vista, perché esiste anche ciò che non si vede. 

Per chiarire ulteriormente le cose abbiamo versato il contenuto della bottiglia piena in quella vuota (pardon, piena d’aria): ma mano che l’acqua riempiva la bottiglia di sotto, si vedevano le bolle d’aria salire in quella di sopra. Alla fine quella che era piena d’acqua, si è riempita d’aria e quella piena d’aria si è riempita d’acqua.

Se fate ai nostri ragazzi il famoso test del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto,                      vi risponderanno che il bicchiere è sempre pieno, per metà d’acqua e per metà d’aria. 

Più ottimisti di così …    

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>