L’apparizione dell’ombra

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Con l’accensione di una candela compaiono le ombre sullo schermo, sulle pareti e sul soffitto dell’aula. 

Ombre che si deformano, si ingrandiscono o rimpiccoliscono a seconda dei movimenti. 

Inizia un teatrino delle ombre, che permette di sperimentare le leggi dell’ottica in maniera divertente e originale.

Quando ti avvicini alla candela, la tua ombra diventa un gigante! Quando ti avvicini al muro, diventa più piccola!

Se ti appoggi al muro, l’ombra rimane schiacciata sotto il corpo e non si vede più!

Quando arriveranno alle scuole medie, questi bambini scopriranno che esiste una proporzione geometrica tra le dimensioni dell’oggetto e dell’ombra con le loro rispettive distanze dalla sorgente di luce. 

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 Impareranno a esprimere questa proporzione come uguaglianza tra due rapporti, scrivendo:  h ombra / h oggetto  = d ombra / h oggetto .

L’importante è che essi arrivino a quel momento di ulteriore astrazione avendo già vissuto e sperimentato da piccoli l’essenza del fenomeno.

Per ora siamo solo ai primi passi di un affascinante percorso psicologico e cognitivo.

Essi partono dalla convinzione primitiva che sia il loro corpo a emettere l’ombra:  è la “mia” ombra, sono io che la “faccio”, così come sono gli alberi e le case a “fare ombra”.

Ne sono così convinti, che se chiedete loro di dirvi se al buio le ombre ci sono ancora, vi risponderanno che sì, al buio le ombre ci sono ancora, anche se non si vedono.

Dovranno superare il loro egocentrismo per cominciare a capire che da soli non potrebbero fare l’ombra; occorre che ci siano anche una fonte di luce e uno schermo (parete o pavimento) perché il fenomeno si produca. Questo significa imparare a decentrare il proprio punto di vista, spostandolo ora sulla sorgente, ora sull’ombra.

In un mondo sempre più popolato da individui centrati su sé stessi e incapaci di mettersi “nei panni di un altro”, questo ci sembra un esercizio di una qualche utilità “morale”.

 

 

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