Geometria come conquista “morale”

GEOMETRIA, BELLEZZA E BONTA’

L’insegnamento della scienza, e della geometria in particolare, contribuisce non solo alla formazione intellettuale dei nostri bambini, ma anche alla loro educazione estetica e comportamentale. Quando un bambino impara a mettersi in fila o in riga, acquisisce una prima nozione geometrica di retta e inizia ad apprezzare la “bellezza” (estetica) di quell’allineamento, ma al tempo stesso impara a relazionarsi con gli altri bambini, dominando gli impulsi che lo portano istintivamente a fare “ciò che vuole” in quel momento. Tra ordine geometrico, armonia estetica e ordine morale esiste un nesso molto più profondo di quanto può suggerire la semplice analogia.

Non è un caso che concetti morali come retta via, persona retta, regole, diritto, ecc.., rimandino tutti al concetto geometrico della retta. 

Come spesso accade, non facciamo altro che riscoprire quanto gli antichi greci avevano già espresso attraverso la scultura, l’architettura e la filosofia.

Alla base della bellezza e dell’armonia delle loro statue e dei loro templi c’è una “divina proporzione” geometrica (sezione aurea) che regola i rapporti tra le parti e il tutto.

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I greci, però, non si sono limitati a elaborare i canoni di una bellezza puramente fisica ed esteriore, ma hanno elaborato il concetto di una bellezza (kalos) strettamente connessa con la bontà (kagatos) e l’hanno chiamata kalokagathìa.

Platone parlava del Caos come stato primordiale della materia informe e rozza in cui il Demiurgo introduce l’Ordine (geometrico), creando così il Cosmos  (la Bellezza). 

Immaginate il primo giorno di scuola in un’aula con ventotto bambini di 3 anni e avrete un’idea di questa situazione descritta da Platone.

Riuscire a tenerli tutti seduti ad ascoltare le prime istruzioni è un’impresa educativa di non poco conto, ma è al tempo stesso una conquista “geometrica”.

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Seduti l’uno accanto all’altro, i bambini formano delle righe, in cui i punti non sono pure astrazioni geometriche, ma piccoli esseri agitati da impulsi irrefrenabili a sgomitare, alzarsi, cambiare posizione, insomma, a “rompere le righe” per tornare al caos primordiale nel quale ognuno è libero di seguire i propri istinti e desideri individuali. 

Mantenere quell’ordine “geometrico” costa loro molta fatica, proprio perché non si tratta di un ordine astratto e asettico, ma di un complesso di concreti rapporti “fisici” e “sociali” le cui dinamiche sono molto complesse e, a volte, conflittuali; “stare al proprio posto” significa accettare il posto assegnato, significa staccarsi dai pensieri che si affollano nella propria mente per ascoltare ciò che gli altri hanno da dire; significa soprattutto resistere alle provocazioni o seduzioni dei compagni che gli sono seduti accanto.

Quell’ordine “geometrico” può mantenersi solo se si stabilisce un ordine psicologico, sociale ed emotivo che gratifica i bambini con la “bellezza” del risultato ottenuto e l’orgoglio di esserne stati artefici (siamo stati bravi, belli, buoni … e grandi!).

In altre parole, i bambini tendono a mantenere l’ordine e l’attenzione quando sono affascinati dal racconto di una fiaba, quando cantano in coro, seguono le regole dei loro giochi preferiti, realizzano i loro manufatti o assistono a un esperimento affascinante.

Il rispetto delle regole, in conclusione non è soltanto “costrizione” ma anche fonte di gratificazione e condizione perché ognuno possa esprimersi liberamente.

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