Fasci di “polvere”

Una situazione che potrebbe aver suggerito l’esistenza di raggi “molto più lunghi” di quelli osservati attorno alle sorgenti,  si presenta nelle giornate di cielo nuvoloso e di leggera foschia, quando tra le nuvole si vedono irrompere dei grandi  fasci di luce che sembrano arrivare fino a terra.

E’ lo stesso fenomeno che osserviamo, sempre in presenza di foschia o polvere o fumo, quando la luce filtra attraverso le foglie degli alberi o le fessure delle finestre; allo stesso modo si producono i fasci emessi dai fari delle auto  o gli effetti di luce nei concerti.

                          

A differenza dei raggi (corti e stretti) che scorgiamo guardando le sorgenti, questi fasci imponenti di luce sembrano congiungere il cielo e la terra, seguendo un andamento chiaramente rettilineo.

Abbiamo riprodotto questa situazione in un laboratorio ben pulito e spolverato, chiedendo ai  nostri allievi più piccoli di tenere lo sguardo rivolto verso la parete a loro di fronte ; quindi abbiamo fatto passare davanti ai loro occhi la luce di un piccolo laser.                 In queste condizioni essi hanno dovuto ammettere che la luce non si vede, anche se ci passa ad un palmo dal naso. Ci hanno fornito, tuttavia alcune risposte sorprendenti e geniali, che meritano di essere considerate.

LA NATURA IPOTETICA DELLA LUCE

Alcuni dei bambini hanno affermato:

La luce c’è, ma non si vede! La luce è invisibile, ma ci fa vedere!

Non poteva esserci una formulazione più efficace della natura ipotetica della dell’esistenza stessa della luce. Crediamo, cioè, nella presenza di un qualcosa che chiamiamo luce pur non potendola vedere!  Questa fiducia è basata, per il momento, su elementi molto scarsi: abbiamo soltanto una sorgente luminosa ed un oggetto illuminato di fronte ad essa, ma non si vede niente nello spazio intermedio che li separa.

 LA LUCE E’ POLVERE !

Solo dopo aver costretto i nostri allievi a questa imbarazzante ammissione, abbiamo inquinato la purezza atmosferica del laboratorio sbattendo uno straccio per spolverare o un cancellino per il gesso (sarebbe più adatto il fumo di una sigaretta, ma è vietato).

A questo punto è apparso un bellissimo fascio, suscitando una vivace ammirazione. (Anche con gli allievi ben più smaliziati delle scuole superiori l’effetto è notevole).

Non esitiamo a definire fascio di luce quello che vediamo, anche se in realtà vediamo soltanto dei granelli di polvere illuminati.

La luce è polvere!  Ha concluso uno dei nostri interlocutori, con una sintesi fulminea di cui sono capaci soltanto i bambini. Ed infatti, ciò che vediamo tra la sorgente e l’oggetto  è una “folla” di granelli illuminati, che si agitano disordinatamente.

Questi granelli ci confermano che la luce è effettivamente presente nello spazio compreso tra la sorgente e il corpo illuminato, ma suggeriscono anche che essa segue un percorso rettilineo, tanto è vero che i granelli scompaiono non appena fuoriescono da quella specie di “corsia” rettilinea delimitata dal fascio.

La nostra ipotesi si arricchisce, quindi, di un nuovo aspetto, quello della propagazione rettilinea della luce.  Per il momento, però, disponiamo di indizi troppo limitati per poter dire che la nostra ipotesi sia sicuramente fondata.

Chi ci assicura, infatti, che la luce faccia un percorso rettilineo all’interno del fascio?       Per quanto stretto voglia essere, il fascio emesso dal laser (o da una lampada schermata) non può essere considerato come un raggio, cioè una retta geometrica senza spessore.

Chi ci assicura, inoltre, che su una distanza molto più grande di quella consentita dal nostro laboratorio la luce non descriva una traiettoria curva, simile a quella dei proiettili che vengono sparati?

In quanto ai granelli illuminati, essi testimoniano la presenza della luce nello spazio intermedio tra la sorgente e la parete, ma sono testimoni sparsi e niente ci dicono su come la luce si comporta nello spazio che separa un granello dall’altro.

Come fanno i bravi investigatori, dovremo interrogare pazientemente i testimoni presenti sulla scena per cercare nuovi indizi e, possibilmente delle prove vere e proprie.

Abbiamo tre testimoni principali:  la sorgente di luce, la parete illuminata, e questi granelli di polvere, che si muovono nello spazio intermedio.

Ci troviamo, oltretutto, di fronte ad una situazione contraddittoria: da un lato siamo sicuri che sia la luce della sorgente ad illuminare l’oggetto, dall’altro non riusciamo a scorgere alcuna traccia di questa luce nello spazio tra l’oggetto e la sorgente.

Gli unici raggi che riusciamo vedere sono quelli intorno alla sorgente. Questi raggi, però, sono troppo “corti” per poter arrivare ad illuminare gli oggetti lontani e le pareti della stanza .

Per superare questa contraddizione i nostri piccoli scienziati hanno formulato una delle loro ipotesi più originali ed interessanti: il raggio più lungo.

Raggi di polvere! 

Riprendiamo ora in esame le osservazioni  comuni , che possono aver contribuito ad estendere la portata dei raggi luminosi al di fuori dell’aureola luminosa delle sorgenti, permettendo alla luce di giungere fino agli oggetti illuminati.

Quante volte abbiamo osservato (e ammirato) i fasci di luce solare che attraversano gli squarci aperti tra le nuvole, oppure i “raggi di sole” che entrano nella stanza in penombra attraverso le fessure delle persiane socchiuse. Altre volte abbiamo visto materializzarsi nella nebbia i fasci proiettati dai fari della nostra auto. A teatro e ai concerti i fasci di luce sono usati spesso per creare effetti speciali.

Una volta, quando era ancora permesso fumare al cinema, un  fascio di luce partiva dalla cabina di proiezione ed abbracciava tutto lo schermo.

Abbiamo già ricordato le due condizioni particolari che rendono visibili questi fasci di luce: il passaggio attraverso strette aperture e la presenza di polveri, fumi o vapori.

Per ribadire il concetto abbiamo proposto in laboratorio l’osservazione della luce emessa da un laser, cogliendo l’occasione , tra l’altro, per raccomandare prudenza nell’utilizzazione di un dispositivo  pericoloso per gli occhi, ma reperibile su qualunque bancarella.

Il raggio laser è, in realtà, un fascio di piccola apertura, che si avvicina sufficientemente all’idea di un raggio.

Lo abbiamo puntato verso una delle pareti, facendo passare la luce davanti agli occhi dei bambini e li abbiamo costretti ad ammettere, ancora una volta, che nessun raggio era apparso loro davanti.

Potevano vedere soltanto una macchiolina luminosa, quando giravano istintivamente la testa verso la parete.

E’ a questo punto che i ragazzi stessi hanno invocato la presenza dell’elemento rivelatore comune a tutte le situazioni in cui si osservano fasci di luce : la polvere!

( La polvere di gesso scossa dal cancellino della lavagna produce un effetto molto suggestivo, anche negli allievi più grandi e smaliziati).

Alcuni bambini hanno usato, persino, l’espressionela luce è polvere”.

L’esperimento serve a ribadire che anche in questo caso ciò che diventa visibile è un insieme di punti luminosi ( le particelle di polvere illuminate). Tra una particella e l’altra la luce continua ad essere invisibile.

Anche infittendo la polvere per dare al raggio un aspetto di maggiore continuità e compattezza, dovremo ammettere che: ciò che vediamo non è un raggio di luce ma un insieme di punti illuminati.

Con questo stratagemma siamo riusciti, comunque, ad estendere i raggi di luce bel oltre la sorgente, fino ai corpi illuminati, ed anche oltre.

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