L’occhio di bue

SEZIONE DI UN OCCHIO DI BUE

OCCHIO DI BUEQuando non si era ancora scoperto il morbo della “mucca pazza”,  il macellaio ci forniva senza problemi qualche occhio di bue da sezionare in laboratorio.

“Che schifo !” dicevano, solitamente, le ragazze, mentre i maschi incitavano allo squartamento. Poi, dopo una breve discussione  sulla categoria filosofica dello “schifo”, passavamo, in nome della scienza, ad una dissezione anatomica, che ha sempre suscitato grande interesse.

OCCHIO BUE UOVOA conforto dei più “schifiltosi” ricordiamo, per inciso, che la gastronomia fa un largo uso della locuzione “occhio di bue”. E’ noto, ad esempio, che cucinare un uovo al tegamino è farlo “all’occhio di bue”. In effetti, l’aspetto esterno dell’uovo, con il rosso del tuorlo in mezzo al bianco dell’albume, ricorda da vicino quello dell’occhio di bue.

 

Leonardo_Eye_smallAd ulteriore attenuante possiamo invocare addirittura l’autorità di Leonardo , che per studiare la struttura interna dell’occhio faceva bollire un occhio di bue in una chiara d’uovo sezionandolo per osservare ciò che si trova all’interno ( praticamente cucinò l’occhio come  un uovo sodo). Fu così che coprì la retina e il nervo ottico e riportò queste osservazioni nei suoi disegni.

Conserviamo ancora, dopo tanti anni, i resti essiccati (e quelli sotto spirito) di quelle dissezioni, che ci hanno permesso di integrare le osservazioni fatte dall’esterno dell’occhio e di osservare direttamente tutti gli elementi riportati di solito nelle tavole di anatomia. Ovviamente alcune caratteristiche dei reperti si sono alterate col passare del tempo (la sclera ha perso il suo candore, la cornea si è opacizzata e la retina si è annerita, perdendo la sua iridescenza).

Per sezionare l’occhio del bue occorre rimuovere (con un bisturi o un taglierino) la palpebra che lo protegge.

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Quando si comincia a sezionare il bulbo sul piano trasversale si capisce  dalla sua resistenza la ragione del termine “sclera” ( dura) usato per definire la tunica  bianca che lo ricopre. Nella foto qui accanto si vede la parte anteriore della sclera (raggrinzita e scurita) con la cornea opacizzata al centro. Quando l’occhio era “fresco” attraverso la cornea si poteva chiaramente intravvedere l’iride con la pupilla al centro.

Aprendo l’occhio sezionato e rovesciandone il contenuto  su un piattino (un po’ come si fa con l’uovo fresco dopo averne rotto il guscio) si scopre una somiglianza ancora più stretta tra l’uovo e l’occhio.

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Al centro dell’occhio, nella posizione corrispondente a quella occupata dal tuorlo nell’uovo , si osserva, infatti, un piccolo “bottone” trasparente: è il cristallinouna vera e propria lente, capace (come si vede dalla foto) di concentrare la luce sul piano. Intorno al cristallino, del tutto simile all’albume dell’uovo, si osserva una massa gelatinosa, anch’essa trasparente: l’umore vitreo. A partire dal bordo esterno del cristallino, si notano sull’umore vitreo delle striature nerastre che si estendono in senso radiale; sono le tracce lasciate dalla parte interna dell’iride, sulla quale l’umore vitreo appoggiava prima del distacco.

 

IMG_7195IMG_7185Se, infatti, si esamina dall’interno la parte anteriore del bulbo oculare, si scopre che l’iride (al centro della quale si nota il foro della pupilla) è annerita nella sua faccia posteriore (nella foto accanto l’iride è stata distaccata). Il cristallino, come abbiamo visto, presenta tracce di annerimento, perché appoggia  sul foro della pupilla.


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La parte posteriore del bulbo oculare, invece, è ricoperta quasi completamente dalla retina, che presenta sfumature di colore azzurrino-verdognolo, molto simili alle iridescenze della madreperla ( questa riportata in fotografia è completamente annerita per la lunga esposizione alla luce ).  Al centro della retina si nota una piccola zona circolare, meno colorata.

Quando ( con un po’ accortezza ) si rimuovono i muscoli oculari dal bulbo, si scopre che questo punto corrisponde al punto in cui il nervo ottico si innesta nella retina (terza foto a destra).

Sembrerà un paradosso, ma proprio questo punto, in cui le fibre nervose del nervo sono particolarmente concentrate, è anche quello dove la sensibilità visiva è praticamente nulla.

Per questa ragione esso è stato definito punto cieco.

C’è, al contrario, una piccola infossatura nella retina, chiamata per questo fovea (fossa), in cui la sensibilità visiva è massima; i movimenti oculari fanno in modo che l’immagine cada esattamente su questa zona.

Possiamo anche fare un semplice esperimento per dimostrare l’esistenza del punto cieco sulla retina del nostro occhio.

Punto_ciecoBasta disegnare su un foglio bianco una piccola croce ed un pallino circolare, alla distanza di circa 10 cm tra loro. Ci si dispone, quindi, ad una distanza di circa 30 cm dal foglio, tenendo coperto l’occhio sinistro e fissando la croce con l’occhio destro. Muovendo lentamente la testa avanti e indietro (ma facendo attenzione a tenere ben fisso lo sguardo sulla croce) ci si accorgerà che ad una determinata distanza il pallino circolare diventerà invisibile. Questo avviene perché l’immagine del pallino cade esattamente sul punto cieco della retina.

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